Arcano la Settima Era
98° capitolo
L'agguato
Incontrare il nemico in campo aperto avrebbe significato esporsi ai suoi
colpi di sbarramento, ma quale assurdo motivo poteva spingere la pattugla
dei Jakueros ad addentrarsi nella zona boschiva per ritrovarsi a combattere
contro le dita di Okù?
- Un'amazzone che non hanno mai visto prima, - ipotizzò Cutter,
guardando Eve e la Strega - anzi... meglio due.
- Scordatelo, - reagì immediatamente Kikka - ho già capito
cosa hai in mente e, per nessuna ragione, mi metterei a correre seminuda
davanti a quegli animali affamati. So bene cosa hanno fatto alla nostra
amata Imperatrice e non ho intenzione di provarlo sulla mia pelle!
Seppur con meno convinzione, Eve si rifiutò di fare da esca, ma
l'intervento di Mabel sembrò risolvere il problema. - Vado io,
- esordì, l'Amazzone - ma se mi lascerete cadere nello loro mani,
sperate che mi ammazzino, perché se dovessi ritornare viva, vi
sgozzerei nel sonno ad uno ad uno.
Capelli sciolti e solo un minuscolo lembo di pelle, tenuto stretto sui
fianchi da un cordino intrecciato... un poggiaspalla per la hatz e lo
sguardo fiero di chi non ha paura.
Quando Ortis, il Comandante Jakueros la vide, diede subito ordine ad
alcuni dei suoi uomini di rincorrerla, ma l'Amazzone si inoltrò
in una zona boschiva, ai margini della foresta, costringendoli ad arrestarsi.
- Chi riuscirà a catturarla, l'avrà a sua disposizione
per tre notti, - urlò, posizionando i fucilieri a proteggere tutta
l'area circostante - non è la foresta dove può proteggersi
tra quelle maledette liane!
Il primo Jakueros che osò addentrarsi nella vegetazione, fu letteralmente
decapitato da Bersek, subito pronto a trascinarne via i resti per non
farlo ritrovare dal nemico. E miglior sorte non toccò agli altri,
barbaramente sgozzati dagli Ardes negli agguati che seguirono. In pochi
istanti furono abbattuti quasi due dozzine dei Guerrieri Jakueros che
si era spinti tra le vegetazione. Gli altri, preoccupati dagli strani
rumori che ne erano seguiti, si diedero ad una precipitosa fuga. Fu allora
che i Dragoni, ben appostati negli avvallamenti della zona erbosa, li
presero di mira coi dardi avvelenati delle balestre. I fucilieri Jakueros
si ritrovarono coi compagni sulla linea di tiro e non poterono intervenire
per timore di colpirli.
Ortis, il capopattuglia, non si aspettava certo un attacco di tale entità
e, preso dal panico, ordinò un'unica salva di fuoco, per poi richiamare
gli uomini rimasti ad un rapido ripiegamento verso la Fortezza. La sua
decisione espose le truppe all'inseguimento degli Ardes che, in un assetto
di battaglia molto più leggero, non impiegarono molto a raggiungere
la retroguardia dei fuggitivi per farne scempio.
Furono in pochi a salvarsi dall'inseguimento e chi riuscì a raggiungere,
seppur ferito, gli enormi bastioni di Hamok, non fece in tempo a oltrepassarne
il ponte levatoio, ancora sollevato. Prima che i Jakueros di guardia sulle
Fortezza potessero dare l'allarme, Berserk diede ordine di ai suoi Guerrieri
di ritirarsi per non esporsi al fuoco dei lunghi fucili dall'alto delle
mure e, come ultimo avvertimento, mozzò entrambe le mani a Ortis,
affinché fosse chiaro che mai più avrebbero dovuto spingersi
verso gli insediamenti delle Hametz.
La reazione iniziale di Hebele alla sanguinaria battaglia fu di grande
stupore ma, gli ordini che diede in seguito, lasciarono allibiti gli Hammers
che stavano festeggiando la vittoria. I cadaveri dei nemici furono trascinati
ai bordi della foresta e lasciati in balia delle dita di Okù. Le
liane si accanirono sui corpi esanimi, avvolgendoli come serpenti stritolatori,
per poi trascinarli tra la vegetazione e svuotarli di ogni goccia di sangue
che avevano in corpo.
- E' un rito propiziatorio? - domandò Kikka, nauseata alla vista
di un tale scempio.
- E' dovere del mio popolo sfamare Okù, - spiegò l'indigena,
visibilmente soddisfatta - affinché lei possa nutrirci ogni notte
e concederci vita e prosperità.
Cutter fu il primo a chiedersi cosa diavolo mangassero le Hametz, visto
che nel loro campo non c'era alcun animale domestico, apparentemente commestibile,
ma ipotizzò che cacciassero nella foresta quando le liane si ritiravano
nei loro anfratti segreti. Inoltre, i loro lunghi canini lasciavano intendere
che fossero in parte carnivore... e proprio di carne per la cena andarono
a chiedere a Hebele.
- Il cibo è nella foresta, - spiegò, offrendo loro le stesse
infiorescenze vermiglie, già viste durante il pirmo giorno su Dresde
- ma per il resto bisogna attendere la notte.
Sotto gli occhi stupiti degli astanti, Berserk cominciò a succhiare
avidamente il nettere di quegli strani fiori, continuando a ripetere che
avevano un sapore conosciuto. - E' buono, - grugnì - ma per certi
versi nauseante.
- E' sangue, - lo avvertì Kikka, con un'espressione di disgusto
disegnata sul volto - sono i fiori di Okù e ormai sappiamo bene
di cosa si nutre quella maledetta pianta!
La conferma sull'alimentazione prediletta delle Hametz arrivò
al calar del sole, quando le accompagnarono in un'ipotetica caccia che
raggiunse presto il suo epilogo. Raggiunti alcuni enormi alberi dalle
grosse radici polpose, le indigene si accucciarono ai suoi piedi e affondarono
i canini cavi là dove le gibbosità erano più evidenti.
- Si nutrono della linfa degli alberi, - esclamò Eve, avvicinandosi
per vedere meglio - ecco perché adorano la Madre Terra.
- Si nutrono del sangue succchiato dalle liane e immagazzinato negli
alberi di Okù. - l'avvertì Kikka, trattenendola immediatamente
per i lunghi capelli - Dai loro grugniti nervosi non mi pare che amino
essere disturbate durante il pasto.
Il problema di reperire un cibo solido per gli Hammers si fece subito
impellente: - Gli uomini hanno combattuto, - urlò Berserk - e hanno
bisogno di rigenerare le forze. A questo punto è meglio un arrosto
di Jakueros che un barile del loro sangue!
Prima che decidesse di recuperare i cadaveri sotto le mura di Hamok,
Vendicatore lo convinse a pazientare, prospettandogli l'idea che sicuramente
gli abitanti della Fortezza si nutrissero in modo convenzionale.
Quando Hebele si fu sfamata a sufficienza, Eve le domandò cosa
mangiassero ad Hamok e lei, con una smorfia di disappunto, la condusse
lontana dal campo, in quello che chiamò Huik, una specie di allevamento
di grossi roditori, molto più simili ai ratti che a qualsiasi altra
cosa pelosa con quattro zampe di cui aveva conoscenza. Era una grossa
buca nel terreno in cui veniva fatta fluire dell'acqua putrida, mediante
una canalizzazione. Quelle orribili bestie saltellavano nella fanghiglia,
nutrendosi di tutti gli insetti che venivano a galla, e non avevano per
nulla un aspetto degno di un pasto, considerato l'olezzo che saturava
l'aria.
- I Jakueros sanno come li allevate?
- Hanno visto questi animali nei sotteranei del tempio... li hanno mangiati
e gli sono piaciuti. Fanno parte del patto e dobbiamo consegnarglieli
già morti, ogni sette giorni.
- Ora il patto è rotto, - le spiegò Eve - non dovete più
dar da mangiare ai Jakueros e nemmeno consegnare le schiave.
- Ma in questo modo uccideranno le nostre compagne che tengono prigioniere.
Fu allora che Kikka prese da parte l'indigena e, attingendo al racconto
di Nimira, le spiegò esattamente cosa succedeva alle Hametz condotte
ad Aktrasia. - ...gli tagliano i denti per non farle mordere e le trattano
come animali, - concluse - tu non preferiresti morire invece che essere
ridotta così?
Ora il cibo per i combattenti Hammer era assicurato, ma Eve decise di
non spiegare come venissero allevati quelli che descrisse a Vendicatore
come dei "deliziosi suini da latte".
Kikka invece cercò di indagare sull'esistenza di un tempio, ma
si sentì rispondere che era stato distrutto dai nemici venuti dal
mare per costruirci sopra la Fortezza di Hamok. Hebele però non
l'aveva mai visto perché faceva parte dei ricordi delle più
anziane che ne parlavano come di qualcosa di gigantesco, tanto che poteva
essere scorto da ogni parte del mondo conosciuto.
- Quando il nemico arrivò dal mare con le sue immense bandiere
bianche, gonfie di vento, - spiegò l'indigena - il mio popolo pensò
che fossero arrivati gli Dei che aspettava da sempre... e li accolse con
una grande festa. All'inizio, gli stranieri dissero che, per accettare
la nostra amicizia, avremmo dovuto sacrificare una giovane guerriera ogni
giorno, consegnandola a loro. Ma ben presto scoprimmo quale fosse la loro
sorte e ci ribellammo, senza conoscere la potenza delle loro piccole armi.
Per sedare la rivolta, uccisero tutti e ci costrinsero a lavorare per
costruire Hamok, il nuovo tempio, sulle rovine di quello antecedente.
Presto però divenne la loro Fortezza.
A rapporto da Berserk e Vendicatore, la Strega ipotizzò che, se
c'era un tempio sull'istmo roccioso, doveva anche esserci un passaggio
sotterraneo che lo collegava alla foresta. Era impensabile che fosse raggiungibile
solo dalla spiaggia sabbiosa, spesso invasa dall'alta marea, e questa
via segreta poteva costituire un modo sicuro per raggiungere i sotterranei
di Hamok, evitando uno scontro frontale coi Jakueros appostati sulle mure.
- E come lo troviamo questo cunicolo segreto, - grugnì Berserk
- torturando queste scimmie pelate una ad una?
- Hebele mi ha raccontato che i Jakueros hanno fatto una strage. Ne deduco
che sia stato versato molto sangue...
- Ah... tranquilla, - la interruppe il rozzo Comandante Ardes - so bene
io come hanno fatto pulizia!
- Il sangue è fluido come l'acqua e sicuramente è colato
negli anfratti più nascosti dei sotterranei del tempio... - continuò
Kikka, sotto lo sguardo incuriosito di Vendicatore.
- E quindi? - domandò il Dragone.
- E quindi, se c'è un cunicolo sotterraneo... è possibile
che se ne sia riempito...
- Anche se non può essere peggio dell'acqua, - tornò ad
interromperla Berserk - non ho nessuna intenzione di nuotare nel sangue...
per di più al buio, sotto terra, magari in mezzo ai ratti della
peggiore specie!
- Lasciala finire, - lo incalzò Vendicatore - o non sapremo mai
cosa ha in mente!
- E' presto detto... le piante di Okù si nutrono di sangue, se
esiste un cunicolo sotterraneo e questa galleria lo ha fatto fluire nella
foresta, può essere solo nel punto in cui gli alberi di questa
specie sono più giganteschi.
Abel Wakaam
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