Arcano la Sesta Era

77° capitolo

Tannino

- Perché non possiamo restare nel porto di Akral? - domandò Mantigo, stupefatto - qui abbiamo tutto quello che ci serve per completare il lavoro.

- Leggi questi scritti... - gli spiegò l'Imperatrice, consegnandogli tre grossi rotoli di pergamene -  Tuo padre aveva intrapreso un grande progetto proprio su quella piccola isola. Lì i fondali sono profondi e le coste inaccessibili, ma un'antica frana liberò un accesso verso il cuore della foresta e nello squarciò si aprì un'insenatura che può essere considerata un porto naturale.

- I pescatori che vanno laggiù non me ne hanno mai parlato...

- Le Andrille non vivono in mare aperto ma tra le radici nodose delle rive, - sorrise Nimira - e i pescatori sono molto attenti a non divulgare questo segreto. L'accesso alla baia di Caleppe si trova sulla costa opposta di Tannino, quella rivolta verso l'ignoto. L'imbocco del canale che si è creato a causa del tracimare delle piogge va affrontato sul lato interno dell'ansa per evitare di incocciare i numerosi tronchi insabbiati... è una manovra che può essere fatta solo all'alba con il vento a favore.

- Ne parli come se l'avessi visto con i tuoi occhi, mia Signora, - sussurrò Mantigo - c'è forse qualcosa d'altro che io debba sapere?

- Un'Imperatrice deve conoscere ogni angolo, anche il più recondito, della Sacra Terra che gli dei le hanno concesso in custodia. Là troverete alberi maestosi, frutti prelibati e grassi procis che costituiranno una riserva di cibo per l'intero viaggio, nonché acqua di sorgente con cui riempire le botti nella stiva. L'isola è a tre giorni di vela da qui ed è sempre battuta dal vento, questo significa che al momento della partenza avrete tre giorni in meno da percorrere, ed all'uscita dalla baia sarete subito in pieno vento.

- Due navi... - commentò - le più grandi che Arcano abbia mai visto solcare i mari, chi ci accompagnerà durante questo interminabile viaggio verso Atkrasia?

- Conoscerai a tempo debito i nomi di coloro che affiancheranno Hirih durante l'Obenlia, mia figlia avrà il comando della spedizione, tu manterrai la responsabilità della navigazione e perciò spetterà a te nominare i Prodieri dei due scafi.

- Solo Amazzoni e marinai, - mi confidò, durante il viaggio di ritorno alla Kioskas Imperiale - non voglio pericolose distrazioni durante le lunghe notti di attesa, per cui lasciamo a terra l'ardore dei Guerrieri e la vista lunga degli Esploratori.

La partenza per Tannino delle due grandi navi avvenne quasi di nascosto. Vederle uscire al tramonto dall'antico porto non fu un bello spettacolo, il fasciame della chiglia era in completo disordine ed un misero tronco malamente piallato aveva preso il posto del grande albero centrale. Le poche vele sdrucite si gonfiarono lentamente alla brezza, giusto per concedere la flebile spinta che portò gli scafi in mare aperto.

L'equipaggio era costituito soltanto dai carpentieri di Mantigo e da alcune Amazzoni Imperiali, Hirih ed il grosso delle truppe avrebbero raggiunto l'isola con le barche dei pescatori quando i lavori di carpenteria sarebbero stati a buon punto.

Diversi giorni più tardi, Nimira mi chiese di accompagnarla a Tannino per un sopraluogo. Partimmo di nascosto, all'alba, come se fossimo dei pescatori di frodo che dovevano eludere la guardia delle sentinelle di frontiera. Durante il viaggio l'Imperatrice mi confidò i suoi dubbi, i suoi timori, pur manifestando una grande soddisfazione per il coraggio di Hirih. - E' una potenza della natura, - esclamò - forte come suo padre e inarrestabile quanto me.

- Ti somiglia molto, - sorrisi - ma tu sei cresciuta in un clima di guerra e di tradimenti... non hai potuto vivere la felicità e la spensieratezza dei vent'anni!

- Forse sono stata troppo dura con lei, - ammise Nimira - potevo risparmiarle le dure leggi dell'Obenlia...

- Hai preso la decisione giusta, - cercai di rincuorarla - ti prego soltanto di metterle a fianco qualcuno che la sappia proteggere nei momenti del bisogno.

- Avrà con sé le migliori Amazzoni Imperiali.

- Lascia che l'accompagni anche Xar e qualche Dragone, con lui vicino saremmo tutti più tranquilli.

- No, - sentenziò, chiudendo immediatamente il discorso - sceglierà lei stessa le sue compagne di viaggio, questa è un'impresa che dovrà portare a termine con le sue sole forze!

Era la prima volta che mettevo piede fuori dalla sacra Terra di Arcano e, guardando la costa sparire oltre l'orizzonte, fui preda di un oscuro presagio. Si trattava di una breve assenza, ma pur per qualche giorno, gli spiriti maligni avrebbero potuto aleggiare sulle Kioskas in assenza di un Custode. Rammentai le parole finali un'antica profezia: "...quando il cielo dell'Arcano non rifletterà il luccichio della corona accanto al logoro mantello, verrà la notte a rapire l'anima dell'ultimo degli Hammer, nonché del primo.

- Dobbiamo tornare indietro, - sbottai - non possiamo lasciare insieme la Sacra Terra, nemmeno per una sola notte!

L'Imperatrice ascoltò con calma i miei timori, poi consultò Atlero, il pescatore che ci accompagnava e i miei dubbi si fecero più profondi. - Il vento cambia al tramonto, - spiegò - al cadere del sole comincia a soffiare verso Akral, faremo una breve sosta a Tannino e poi invertiremo la rotta.

- Non è mai accaduto che la tramontana mancasse all'appuntamento? - lo interrogai.

- Sarebbe come dire che la notte ed il giorno smettessero di inseguirsi.

L'isola era avvolta dalle nuvole, la barca infilò la prua in quel velo impalpabile e per un attimo sembrò che si tendesse come la tela di un gigantesco ragno, imprigionandoci senza scampo. Il silenzio si fece spettrale, Atlero suonò più volte il corno affinché i carpentieri ci segnalassero la loro presenza, ma nulla s'udì, se non lo sciacquio delle acque calme della baia interna.

- Andiamo via, - esortai Nimira - questo posto odora di morte.

- Non possiamo farlo, - sussurrò il pescatore - almeno non prima che si alzi una brezza contraria.

Ammainò la vela ed il vecchio scafo scivolò verso riva sospinto dalla spinta iniziale, la chiglia strusciò sulla sabbia fine del fondo ed il tonfo contro un tronco sommerso ci diede la certezza di essere giunti alla meta.

- Nessuno di noi due deve calpestare questa terra, - intimai all'Imperatrice - siamo ancora in tempo per salvarci dal sortilegio.

Attendemmo sulla barca che la luce filtrasse tra la nebbia, immediatamente un alito caldo spazzò le nuvole dalla baia e l'inferno apparve ai nostri occhi travestito da paradiso. Nessuna traccia delle due navi, nessun'orma sulla spiaggia, niente che tradisse la presenza di esseri viventi che non fossero parte della fauna dell'isola.

Atlero usò il remo per cercare di staccare la barca dalla riva, ma l'onda di marea sembrò ritirarsi all'improvviso, rendendo inutile ogni sforzo. - Dobbiamo scendere e spingere lo scafo, - disse - o dovremo aspettare che il livello del mare torni a salire.

- Aspetteremo, - sussurrai, guardandomi intorno con circospezione - né io e nemmeno l'Imperatrice possiamo toccare il suolo di quest'isola.

Dov'erano finite le due navi? Non c'era altro punto d'approdo lungo la coste di Tannino e non potevano certo essere alla fonda in mare aperto, fuori dalla baia l'esposizione ai venti avrebbe strappato gli ormeggi.

Un odore acre scaturì dal folto della foresta ed arrivò pungente alle narici. - E' fumo, - sbottò Nimira - e non può essere un incendio... la foresta è pregna d'acqua.

Atlero saltò in acqua e prese a spingere lo scafo con tutta la sua forza: - ...andate a poppa, - esclamò, volgendo ripetutamente il capo alle propria spalle - usate i remi come leva e fate forza con tutto il corpo. Dobbiamo andare via subito da qui!

Un'onda di riflusso ci aiutò a disincagliarci, ma dopo pochi metri ci imbattemmo in una duna nascosta sotto il pelo dell'acqua, Nimira perse l'equilibrio e finì in mare. La sua azione possente, unita all'alleggerimento dello scafo ci liberò dalla secca... ma il contatto era ormai avvenuto, l'Imperatrice aveva toccato il suolo di Tannino.

Il pescatore diede un ultimo colpo alla poppa, poi si issò con agilità felina, la stessa azione non riuscì alla mia amata Sovrana, che restò a malapena aggrappata con le dita al fasciame. - Andate via, - urlò - tornate subito ad Arcano e date l'allarme!

Non avevano alcun senso le sue parole, bastavano pochi secondi e l'avremmo aiutata a salire a bordo, ma fu subito chiaro che qualcosa la tratteneva per le caviglie e fu lei stessa a mollare la presa, sospingendoci quanto più poteva verso il largo. - Via.. via... - gridò di nuovo, scomparendo a tratti sott'acqua, in una mano stringeva il pugnale e la lama divenne rossa di sangue.

Non potevo lasciarla e non potevo restare, a volte la fuga è la decisione più saggia e, di fronte al baratro, qualcuno deve tornare indietro per avvertire gli altri del pericolo.

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Abel Wakaam