Arcano la Quinta Era

64° capitolo

Faccia a faccia

Quella stessa notte, il dio dei sonni travagliati venne a farmi visita molte volte finché, all'alba, un rumore sordo rimbombò nel profondo, scardinando quell'attimo di quiete in cui ero finalmente caduto. Mi levai di soprassalto e, benché fossi ormai sveglio, quel battere fastidioso continuò a pulsare nei miei timpani come un tamburo impazzito.

Mi resi conto di ciò che stava davvero accadendo quando sentii gridare il mio nome e andai ad aprire il portone della Torre. - Se arrivasse un branco di Sciaves affamati potrebbero divorarti nel sonno, - esordì Nimira, stretta nel suo scialle color porpora - hai smesso di ascoltare la voce degli spiriti... ed anche il sospiro della terra, devo dedurre che non riconosci più nemmeno la voce della tua Imperatrice?

Le offri un bicchiere di latte come facevo quand'era bambina, lei annuì, abbozzando un sorriso e si chinò accanto al camino. - Credo anche anche l'ardore del mio fuoco si stia placando, - sussurrò, soffiando sulla brace - sento che mi sto spegnendo vecchio amico mio... e non ho la forza di reagire. Che penseranno gli Hammers quando capiranno che non sono più in grado di cavalcare alla testa delle mie Truppe?

- Il popolo ti ama per quello che sei, - cercai di rincuorarla - e non devi dimostrare niente a nessuno!

- In verità... devo confessarti che mi sentivo invincibile, - continuò Nimira, senza mai voltarsi nella mia direzione - e che la sconfitta nel duello con Mihoky mi ha colpita più nell'anima che nel corpo.

- Sei stata tu a batterlo...

- No, - mi interruppe - l'esserne uscita viva non significa nulla, quell'uomo mi ha battuto sul campo ed il suo errore finale non può essere una scusa.

- In una battaglia vince chi non perisce e tu sei sopravvissuta allo scontro più duro, - la incalzai - sei ancora invincibile ed avrai modo di rendertene conto quando ti troverai di fronte al nemico.

- Sono venuta per avvertirti che sfiderò il padre di Hirih sulla pubblica piazza e, comunque vada a finire, lascerò un ricordo di me che resterà indelebile nel tempo.

- Tu non vuoi un duello, - l'affrontai, cercando il suo sguardo - vuoi batterlo o morire. Spiegami il perché di questa follia!

- Ha infranto le regole ed ora sta dimostrando quanto sia forte e imbattibile! - reagì furiosamente - In pochi giorni non si parla che di lui, di Xar lo Sciandares, delle sue spade lucenti, del suo immenso coraggio... e presto tutti sapranno chi è veramente. E' un oltraggio che va lavato col sangue.

- Cancella quella regola, - obiettai - solo tu puoi farlo!

- E' questo che mi chiedi dunque, cambiare la legge primaria di Arcano perché tocca gli interessi dell'Imperatrice? Sarebbe come chiedere una resa, è un chiaro segnale di debolezza e non di giustizia. No, quell'uomo dev'essere umiliato per non avermi portato rispetto.

- Non riuscirai a batterlo, - affermai - quel che senti ancora in cuor tuo ti impedirà di affondare i colpi. Dammi retta Nimira, questa è una sfida senza via di uscita, se non quella estrema quanto inutile della morte. Lascia che Hirih apprenda da sua padre cosa si nasconde nell'altra metà del cielo... la leggenda dice che nessun drago può volare con una sola ala.

Non rispose, nemmeno quando le feci notare che le fiamme stavano prendendo nuovo vigore: - Dai tempo al tempo e tornerai l'Amazzone che è sempre stata in te, - l'accomiatai, accompagnandola al portone - sei entrata nell'età della saggezza e questo giocherà al tuo fianco in ogni battaglia.

Se di saggezza si parla, il temperamento di Xar non poteva esservi in alcun modo assoggettato, ed il tempo passato in solitudine non aveva certo mitigato i suoi atteggiamenti esaltanti. Per assurdo, era proprio questa la parte di lui che piaceva agli Hammers e la sua fucina era subissata di richieste per nuove armi dal taglio particolare.

Hirih giunse a Kolise sotto false spoglie. Indossava l'uniforme delle Mokada, i capelli legati in due lunghe trecce annodate dietro la nuca, anneriti col succo nero delle bacche da inchiostro. All'ingresso della Taverna del Drago Verde scoppiò a ridere nel costatare che l'arrosto di Sciaves portasse i nome di Stonk e di Quasar, ma ebbe un gesto di stizza nel non trovare quello del padre accanto ai primi due.

Per tutti Xar era semplicemente "Lo Sciandares", un'etichetta anonima che aggiungeva mistero al personaggio, ma nel contempo nascondeva la sua reale e nobile identità. Pareva impossibile, ma nella Terra dell'Arcano non esisteva neppure un vocabolo che definisse il suo ruolo accanto all'Imperatrice, se non quello becero che si sussurrava nei meandri delle locande, quando sotto i fumi della birra veniva volgarmente chiamato "l'impollinatore reale".

- Aikydo cacciatore, - lo salutò Hirih, legando le briglie del cavallo alla staccionata antistante la fucina - ho saputo che le tue lame sono le migliori dell'Impero... e sono venuta da te nella speranza di ottenerne una.

- C'è una lunga fila, dovrai attendere il tuo turno, - rispose, riconoscendola all'istante - e ti avverto, lontano dalle sorgenti del Kruill nemmeno tu puoi pretendere privilegi.

- Lasciami almeno quello di chiamarti padre, - sussurrò la Principessa, tendendogli la mano - sono qui per te e non per il tuo acciaio.

- E ti sei tinta i capelli per la vergogna... - la incalzò Xar - è questo dunque il sentimento che nutri per me?

- Quando il succo di bacche se ne andrà, lo griderò al mondo intero... ed allora tutti sapranno che sono Hirih, figlia di Nimira l'Imperatrice e di Xar il Guerriero dell'Arcobaleno.

- Non lo farai, nemmeno ad una Principessa è concesso tanto!

- Tu e Nimira mi avete insegnato a non accettare le sfide che non si possono vincere... non vorrai vedermi sconfitta alla mia prima prova?

- Tua madre ti punirà per questo... e mi farà tagliare la testa com'è scritto nelle tavole della legge primaria.

- Ora sei tu che hai paura, - lo provocò Hirih - devo pensare che non valga la pena di rischiare per me?

Fu Quasar a spezzare il loro confronto, si avvicinò con aria insofferente alla giovane Amazzone e la sospinse fuori dalla fucina. - Non osare mai più avvicinarti al mio uomo, - l'avvertì - o ti ritroverai appesa per i piedi all'insegna del Drago Verde come uno Sciaves scuoiato di fresco!

- Non accettare mai una sfida che non sei sicura di vincere... - bisbigliò la Principessa, abbassando lo sguardo. Indietreggiò di qualche passo, lanciò un'occhiata divertita allo Sciandares e gli diede appuntamento in Taverna per l'imbrunire.

Quella sera si parlava di fantasmi che s'accompagnavano ai branchi di Sciaves che infestavano la foresta. La notizia era stata riportata da Garwen, la Strega, ma non sembrava trovar credito se non negli epiteti scherzosi che si usavano per burlarla.

- Ve l'assicuro, branco di idioti, - insistette - li ho visti con i miei occhi scendere dal cielo e chiamare quelle orribili bestie attorno a loro!

- Io ti credo, - gridò Stonk, picchiando entrambi i pugni sul tavolo - purché mi fai dono di qualcuno dei tuoi funghi allucinogeni, chissà che non mi facciano ricrescere le orecchie!

Fu tra gli schiamazzi e le grida che Hirih fece il suo ingresso in quel luogo di cui aveva tanto sentito parlare, e sin da bambina amava fingere di aver passato la notte nella Taverna del Drago Verde, là dove Amazzoni e Guerrieri consumavano l'amore tra i fiumi di birra. Quasar fu la prima a notarla e con la solita aria strafottente lanciò qualche battuta velenosa all'indirizzo delle Mokada. - ...sembra che siano in difficoltà perché hanno finito le scorte di latte, - si lasciò sfuggire ad alta voce - e non sanno più come svezzare le nuove reclute.

- Hai ragione, - rispose la Principessa in incognito - e le poverette, non avendo ancora i denti, non riescono neppure a mordere la carne dura delle Gana più anziane... quelle che passano il tempo in taverna perché sono troppo vecchie per combattere!

Capì di aver esagerato nella risposta quando gli avventori della locanda si allargarono verso le pareti, lasciandola al centro della sala in compagnia di Quasar.

Xar le lanciò un'occhiata di rimprovero, ma non fece nulla per toglierla da quella situazione azzardata.

Quel che accadde da lì a qualche istante fu avvertito sin dall'altra parte della piazza, dove le Truppe Imperiali vigilavano affinché non scoppiassero nuovi disordini. La Kopler in comando diede immediatamente l'ordine di intervenire, ma l'ennesima sfida in Taverna era già degenerata in rissa.

Più che la loro irruzione, furono le trombe di allarme a raggelare gli animi dei contendenti, squillarono sette volte per indicare un pericolo imminente ed il triplo fischio finale non lasciava presagire nulla di buono.

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Abel Wakaam