
Arcano la Quinta Era
62° capitolo
Lo Sciandares

Lo Sciandares
attirò ben presto la curiosità degli Hammers. Il suo modo di muoversi,
il suo abbigliamento inusuale... lo facevano apparire strano e interessante
in egual misura, quasi fosse un guerriero d'altri tempi, catapultato in
una dimensione che non gli apparteneva. Sembrava rifuggire la confusione,
se ne stava in un angolo della taverna gustandosi un boccale di birra
scura con gesti lenti e misurati, ma gli occhi saettavano nella penombra,
rapidi come la folgore che sbuca all'improvviso dalle nubi cariche di
pioggia.
Fu Stonk,
uno dei possenti Dragoni Dulkar, a sedersi allo stesso tavolo sbattendo
rumorosamente la tazza ricolma di schiuma contro la sua. - Raccontami
il segreto degli Sciaves, - gli urlò sulla faccia - e faremo a gara a
chi ne ammazza di più!
- Sei troppo
grosso, - fu la sua laconica risposta - ed ai loro occhi ingordi appariresti
come un'enorme bistecca da sbranare. Per combattere quelle bestie occorrono
agilità e prontezza di riflessi... mi spiace, ma non sei adatto!
- Ho combattuto
contro i Brauni, non avrò certo timore di quattro cinghiali affamati.
- ...e allora
sbagli, - lo interruppe bruscamente lo Sciandares - non si può battere
un nemico che non si teme.
- La maggior
parte di questi Guerrieri sono pivellini, - intervenne una delle Amazzoni
appena entrate nel locale - hanno appena imparato a tenere in pugno una
spada e già si credono degli eroi!
Stonk sguainò
con un gesto di sfida la lama dentata e si avvicinò al bancone, digrignando
i denti: - Ripeti quello che hai detto e ti stacco la lingua, - sbraitò,
puntandole l'arma alla gola - io sono un Dulkar e non accetto che mi si
dia del pivellino.
- Smetterai
di esserlo quando i muscoli seguiranno la testa e non viceversa... ha
ragione lo straniero, per sopravvivere all'attacco di uno Sciaves occorre
essere veloci. Una montagna di lardo come te non avrebbe speranza!
- E tu come
lo sai, - urlò il Dragone - l'hai sentito raccontare da qualche Gana ubriaca?
L'Amazzone,
incurante della spada puntata, aprì la bisaccia e tirò fuori due zanne
ancora venate di sangue. Le pulì col dorso della mano e le appoggiò una
accanto all'altra con le punte rivolte verso l'interno. - Guardale bene,
sussurrò, - perché la prossima volta che ne vedrai un paio saranno infilate
tra le tue natiche... è sempre quello il primo boccone di uno Sciaves.
Stonk reagì
bruscamente colpendola con il dorso dell'elsa in pieno volto e prima ancora
che l'altra potesse reagire, si gettò su di lei con una furia inaudita.
Nel groviglio che ne seguì, uno degli sgabelli finì contro il tavolo a
cui era seduto lo Sciandares, subito pronto a mettere in salvo il boccale
di birra. Sembrava non curarsi di ciò che gli stava accadendo intorno,
preoccupato più dal non essere coinvolto nel parapiglia che dal difendere
l'Amazzone in chiara difficoltà contro quel gigante rabbioso.
Svuotato
il bicchiere, si diresse lentamente verso la porta d'uscita, volse uno
sguardo furtivo all'indietro e raggiunse il carro senza fretta alcuna.
Da lì a qualche
istante, la baruffa si spostò dalla Taverna alla piazza, ed in campo aperto
la maggiore tecnica dell'Amazzone andò a pareggiare lo scarto di stazza.
Troppo tardi perché la battaglia potesse volgere a suo favore, il colpo
subito di sorpresa le aveva procurato una profonda ferita alla fronte
che, sanguinando copiosamente, le aveva velato la vista, lasciandola in
balia dell'avversario.
Quando il
Dragone la vide accasciarsi ai suoi piedi, alzò le braccia al cielo per
farsi acclamare dai compagni e si rivolse allo Sciandares chiedendo se
volesse fare la stessa fine.
- Non combatto
contro chi non rispetta le regole, - rispose lo straniero, voltandogli
le spalle - L'hai colpita a tradimento altrimenti non saresti mai riuscito
a batterla!
Stonk estrasse
il pugnale dalla cintura e lo lanciò con precisione tra i suoi piedi.
- Hai paura... - grugnì - è questa l'unica ragione del tuo rifiuto, ed
ora che ci penso, gli Sciaves che tieni nella gabbia potresti anche averli
comprati!
- Può essere...
- sorrise, avvicinandosi all'Amazzone per aiutarla a rialzarsi - ma non
sarò certo io a fugare i tuoi stupidi dubbi.
- Lei è una
mia preda, - reagì il Dragone, afferrandolo per una spalla - se solo la
sfiori farai la sua stessa fine.
- Le prede
sono quelle che tengo nella gabbia... lei invece è un'Amazzone che ha
bisogno di aiuto.
Calò il silenzio
su Kolise, quasi che le parole non potessero reggere il confronto con
gli sguardi, e la voce non osasse interferire con il respiro profondo
dei due contendenti.
- Lasciamela
caricare sul carro, - sussurrò a denti stretti lo Sciandares - ed avrai
quello che vuoi.
La folla
intorno si allargò sui fianchi mentre Stonk, trascinando il piede nella
polvere, disegnò un largo cerchio sul selciato. Quando la sua scarpa raggiunse
il punto da cui era partita, la piazza si era trasformata in un'arena.
Da un lato
il Dragone, possente e infuriato come un bufalo d'acqua che scalpita sulla
riva... e dall'altra lo straniero, stretto nel suo corpetto di cuoio rosso,
che aderiva alle linee nervose del suo corpo come un sudario. La burrasca
contro la quiete, il torrente in piena al cospetto dell'acqua stagnante...
in un confronto in cui nessuno avrebbe scommesso una scaglia di Miara
se non sull'unico probabile vincitore.
Un vociare
confuso si levò dalla folla quando il cacciatore di Sciaves si sciolse
la lunga coda e la grigia capigliatura si allargò sulle spalle come un
mantello di brina. Sollevò la coperta nera che ricopriva i pesanti bauli
accatastati sul carro, strappò i legacci di uno di essi e ne estrasse
un rotolo di pelle rossastra. Lentamente la sciolse da ogni nodo, finché
l'arma che c'era al suo interno brillò alla luce pallida della luna.
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- E'
una spada Kanassa, - commentò Zephir, l'armiere - ha una seconda
lama sotto l'impugnatura centrale che è protetta da quattro lunghi
rostri. Ne ho vista una identica in pugno alla Principessa Hirih.
- Combatti
con quel gingillo? - ghignò Stonk, mostrando la sua possente Okan
ricurva - sei certo di non voler cambiare idea?-
E'
con questa che di solito sgozzo i maiali e per te sarò più che sufficiente!
Il
primo colpo del Dragone andò a vuoto... e così il secondo... e il
terzo, sbilanciandosi per l'ira fino quasi a cadere.
Fu
allora che lo Sciandares si piegò sulle ginocchia, raccogliendosi
in una mistica preghiera. Sollevò il capo al cielo cercando la stella
più brillante sullo zenit e sferrò un attacco rapido quanto improvviso,
scattando come una molla caricata all'estremo che di colpo esplode
la sua forza immensa.
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Un rivolo
di sangue colò sulla guancia dello sfidante che subito si portò la mano
all'orecchio, mozzato di netto.
- Ti insegnerò
ad ascoltare, - sussurrò lo straniero, roteando la spada nell'aria - perché
è nella parola degli altri che si nasconde la propria verità.
- Ed io ti
insegnerò a morire per aver osato svelare il colore del mio sangue, -
urlò Stonk, gettandosi con veemenza su di lui - e poi spargerò i pezzi
del tuo corpo per tutta la piazza di Kolise, perché siano di ricordo per
questa mia vittoria!
Lo Sciandares
non fiatò nemmeno, parò il colpo incastrandolo tra i rostri, e immediatamente
sferrò il secondo attacco, mutilando nello stesso modo l'avversario dall'altra
parte del viso. - La prossima sarà la lingua, - lo avvisò - perché oltre
ad ascoltare dovresti conoscere la forza del silenzio.
Ci sono istanti
in cui persino la furia svanisce, cancellata dalla certezza di essere
impotenti contro un nemico troppo scaltro. Il Dragone comprese che non
avrebbe avuto scampo contro lo straniero, gettò la spada ai suoi piedi
e si inginocchiò in attesa della giusta punizione. - Dimmi almeno il tuo
nome, - balbettò, senza il coraggio di guardarlo negli occhi - così che
io sappia almeno chi mi ha umiliato e sconfitto.
- Alzati,
- lo incalzò il vincitore - prendi la tua spada e preparati ad affrontare
uno Sciaves perché adesso sono sicuro che ascolterai le mie parole
con molta attenzione.
- Qui...
ora, nella piazza?
- Si... qui,
ora, nella piazza! - rispose il cacciatore, seguendo con lo sguardo la
folla che si allontanava preoccupata - E a quanto pare non avremo molto
pubblico!
Il gigolio
del chiavistello arrugginito lasciò intendere senza ombra di dubbio che
non stava scherzando. La prima gabbia prese a sussultare come se all'interno
vi fossero mille gatti infuriati ed il grugnire della bestia si levò tra
i vicoli ormai deserti.
- Lo sapevo,
- sorrise l'anziana Madras, affacciata dalla finestra della sua stanza
- quell'uomo è come il mio caro Boh... entrambi non sono fatti per vivere
in una Kioskas e, ovunque vadano, si mettono nei guai!

Abel Wakaam

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