Arcano la Prima Era
5° capitolo
Il bosco di Matek
Ci
sono domande a cui non è possibile dare una risposta, come non
esistono certezze nel futuro quando è il fato a determinare il
susseguirsi degli eventi. In quel momento il destino di Arcano era legato
al volere di uomini senza scrupoli che volevano sfruttare la ricchezza
mineraria del pianeta.
La mancanza
di informazioni sembrava essere il problema principale. Le notizie che
arrivavano alla Kioskas erano riportate verbalmente dalle Amazzoni di
pattuglia e non esisteva un collegamento veloce tra i vari reparti a cui
venivano impartiti ordini settimanali.
La struttura
del potere era piramidale, con al vertice l'Imperatrice che impartiva
alle Madras il proprio volere, ricevendo nel contempo una relazione sul
territorio a loro affidato. Tutti gli ordini viaggiavano per iscritto
su pergamene arrotolate, gestite dalle scribane. Ogni Madras faceva affidamento
sull'Amazzone che lei stessa aveva scelto per la successione, ed il ruolo
della prescelta era fondamentale, essendo di fatto il comandante supremo
delle Koguars.
Klara ricopriva
da tempo questo ruolo e dirigeva direttamente i gruppi di guerriere, di
solito costituiti da una dozzina di elementi ciascuno, al comando di una
Kopler, l'Amazzone più alta in grado nel drappello. Ulteriori specializzazioni
nell'esercito erano ripagate con barrette di merito, portate con onore
sulle spalline della corazza.
In attesa
di ulteriori notizie dalle pattuglie mandate in esplorazione, Asha decise
di seguire un gruppo di allieve a caccia nella foresta. Le comandava Herika,
una muscolosa istruttrice, maestra d'arco, che insistette perché
anche la straniera partecipasse attivamente alla battuta.
Un corpetto
di cuoio nero, pantaloni di pelle e calzari alti con la suola tallonata,
un'unica taglia in cui il corpo doveva essere modellato nello standard
della Kioskas, le giovani ragazze se l'infilarono con l'orgoglio e l'entusiasmo
tipico delle nuove leve, pronte a dimostrare il loro valore.
Asha mostrò
un certo imbarazzo per il proprio corpo molto femminile ma per nulla muscoloso,
decisamente acerbo nei confronti delle altre, le cui forme erano scolpite
da mesi d'incessanti esercizi fisici. Notò che tutte le aspiranti
guerriere avevano la schiena ornata da stupendi tatuaggi, sinuosi arabeschi
che s'intrecciavano in un suggestivo gioco di forme e colori, per poi
congiungersi nell'intersezione dei glutei, quasi a voler esaltare la sensualità
e l'armonia della loro razza.
La divisa,
portata sul corpo senza alcun indumento intimo, si modellava sulle forme
sfruttando l'elasticità della pelle con cui era costruita. S'indossava
come una tuta, infilando prima le gambe e poi le braccia, per poi serrare
i due lembi della parte superiore sul davanti, legandoli con un sottile
laccio.
Leggera e
molto resistente, veniva impregnata con del mercurio trattato, che costituiva
una forma di difesa per i potenti dardi avvelenati delle balestre, ed
era in grado di resistere ad un tiro scoccato da una distanza superiore
ai venti metri. Il corpetto di cuoio proteggeva ulteriormente il busto
proprio nel punto in cui i legacci avrebbero permesso una pericolosa ferita,
e costituiva il trofeo che ogni ragazza di Arcano avrebbe voluto possedere.
Per la battuta
di caccia, le frecce non erano intinte nel veleno, ma costituivano comunque
un'arma di precisione straordinaria, in grado di colpire bersagli di pochi
centimetri di diametro. Erano sistemate circolarmente attorno al corpo
della balestra e venivano scagliate singolarmente o a gruppi, spinte a
velocità vertiginosa dalle corde elastiche montate a strati successivi.
Uno degli
errori più comuni era quello di rilasciare un dardo successivo
all'ordine di carica, e ciò comportava l'espulsione simultanea
delle dieci frecce pronte in tensione. La spiegazione di Herika fu molto
precisa e meticolosa, ma il nervosismo di Asha ebbe un picco improvviso
quando seppe che avrebbero sempre viaggiato con la balestra pronta a colpire.
- Non aver paura...- la tranquillizzò l'istruttrice - è
stata progettata perché segua il movimento del braccio mentre si
procede in marcia o di corsa. Male che vada, scaricherai dieci frecce
nel terreno.
- Sono una giornalista... - cercò di spiegare - cioè, una
specie di scribana, l'unica arma che io abbia mai avuto era il coltello
per tagliare i meloni, ed ogni volta che lo vedevo mi tremavano le gambe.
- Su Arcano, saper usare la balestra può far la differenza tra
vivere e morire, e non sempre qualcuno può lottare per difenderti.
La prima
uscita per le novizie era diretta nel bosco di Matek, luogo di entusiasmante
bellezza, ma infestato da grossi insetti volanti, i Drakor, piuttosto
lenti nel volo per via della loro mole. Avevano l'aspetto di un pescepalla,
i più grossi arrivavano ad un diametro di una decina di centimetri
con un'apertura alare di mezzo metro. Il corpo, ricoperto da peli, gli
dava un aspetto orribile, eppure la carne era commestibile e, a detta
di Herika, gustosissima.
Uscire dalla
Kioskas era un'impresa! La strada terminava pochi passi fuori dalle mura,
dove la vegetazione veniva tenuta bassa per qualche centinaio di metri,
poi non restava che infilarsi nell'intrico della foresta. Nessuna strada,
nessun sentiero, nessuna via da percorrere, anzi... Herika continuava
a ripetere di non seguire i passi di chi stava davanti per evitare di
lasciare segni persistenti sul terreno.
Asha faticava
a star dietro al gruppo. Una delle giovani amazzone se ne accorse e si
fermò ad attenderla. Bastò un sorriso perché tra
le due si instaurasse una certa confidenza, ma vennero subito riprese
al primo accenno di dialogo. Si doveva marciare in silenzio, i sensi pronti
a captare la minima variazione ambientale, come se il pericolo fosse dietro
ogni cespuglio, nascosto nell'ombra.
Evitarono
accuratamente di attraversare le radure che si presentavano sul percorso,
il timore di un agguato era palpabile e dimostrava quando fosse insicuro
abbandonare la Kioskas.
Tutto avvenne
all'improvviso proprio quando nessuno se lo aspettava! L'unica pronta
a gettarsi a terra fu Herika, lasciando tutte le altre a guardarsi intorno
con sorpresa. Alle loro spalle, appostata dietro un tronco, spuntò
la sagoma possente di un'Amazzone in assetto da battaglia. - E' Mokada!
- gridò una delle allieve.
- Si, - annuì lei - ma se fossi stata il nemico... molte di voi
sarebbero ormai delle guerriere morte!
Mokada era
un "slinker", un'anima libera, conosciuta su tutto il pianeta
per la sua straordinaria capacità di muoversi da sola nella foresta.
Si raccontavano di lei le imprese più impossibili ed era considerata
una vera eroina di Arcano.
Il fisico
asciutto e i muscoli ben torniti, il tutto amalgamato dentro una corazza
consumata che faticava a nascondere le sue curve sensuali, libere dalla
tuta di pelle. Capelli corvini, sciolti sulle spalle coperte da un supporto
metallico, le sue movenze feline aggiungevano ulteriore fascino alla leggenda
che seguiva il suo personaggio.
- Il bosco di Matek è sgombro, - esclamò Mokada, incrociando
la balestra con Herika - ora puoi portare i tuoi pulcini a caccia di Drakor,
ma ti avverto che li ho già stanati io... e sono piuttosto nervosi.
- Le mie allieve sono ormai pronte ad affrontarli. - rispose la Kopler
- scommetto che ne prenderanno almeno cinque a testa.
- Non basteranno, - continuò l'Amazzone - la sorgente è
infestata dai Drakor e se vogliamo bere dobbiamo ripulirla da quelle bestiacce.
E stavolta non contate su di me, vengo da un furioso scontro con i ribelli
e ho solo voglia di riposarmi.
Raccontò
di aver partecipato ad un'azione di pattugliamento della zona nord insieme
ad una dozzina di arciere, e di essersi imbattuta in un gruppo numeroso
di nemici che stavano tentando di passare il fiume per infiltrarsi nella
foresta. Queste continue incursioni avvaloravano la tesi che stessero
cercando qualcosa nel territorio controllato dalle Truppe Imperiali...
qualcosa di così importante per cui valesse la pena di morire.
Il primo
Drakor sorprese le allieve intente ad ascoltare il racconto di Mokada.
Il grosso insetto piombò su di loro lasciandosi cadere silenziosamente
dall'alto e solo la pronta reazione di Herika riuscì ad evitare
il peggio. Lo colpì al primo colpo aspettando sino all'ultimo per
non sprecare una freccia, poi lo raccolse mostrandolo ad Asha.
- Non è velenoso ma la sua puntura è molto dolorosa, -
spiegò, indicandole il pungiglione - e se ti colpisce in un occhio
esiste il rischio che possa arrivare sino al cervello.
Davanti a
loro, a pochi passi, s'intravedeva la sorgente; erano nel cuore del bosco
di Matek.
Si appostarono
tra le rocce della riva, le balestre pronte a colpire e gli occhi attenti
ad ogni piccolo rumore che veniva dall'alto... il silenzio divenne spettrale.
Di colpo
si percepì un brusio sommesso, un tremore nell'aria che accendeva
i sensi, Mokada sorrise, richiudendo la sua arma mentre si stendeva su
una roccia piatta: - confido su di voi, - disse - io sono stanca e ho
fame!
Abel Wakaam
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