
Arcano la Seconda Era
30° capitolo
La fine del sentiero

Crudelia pensò alla morte, mai così vicina, e non c'era
modo di sfuggire alla sua falce... non c'era nemmeno il tempo di pensare.
Avvertì una fitta lancinante sul petto, il calore dell'acqua si
accumulava nel ciondolo d'oro a forma di foglia di salice che portava
al collo sin da bambina, croce e delizia della sua giovinezza.
Quante volte
si era appellata al suo aiuto... quante volte si era ferita durante le
lotte tra ragazzi, ed ora, ancora una volta, quella sottile scheggia di
metallo era diventata una dolorosa spina nel suo seno.
Oman la prese
per i capelli, sbattendola più volte con la faccia contro il bordo
dell'otre. La sua rabbia nasceva dalla consapevolezza che l'Amazzone non
aveva paura di lui, e per nulla al mondo si sarebbe inchinata al suo volere.
Svuotò il cestino delle sanguisughe nell'acqua sempre più
calda e la colpì un'ultima volta con veemenza.
- Griderai
lo so, - le urlò nelle orecchie - e se anche non mi supplicherai
per aver salva la vita... sono certo che lo farai per chiedermi di togliertela.
- ...non
sentirai uscire dalle mie labbra una sola preghiera, - rispose Crudelia,
cercando di mascherare il dolore con un ghigno beffardo - sono venuta
qui per ucciderti e non per arrendermi a te!
- Forse non
ora... ma tra poco quelle bestie schifose si appiccicheranno alle tue
gambe, risalendole con le loro tremende ventose... ed allora griderai
esattamente come hanno fatto mille altre prima di te. Ti avverto, quando
le loro bocche golose troveranno la parte più tenera della tua
carne, sarà troppo tardi anche per fermarle!
L'Amazzone
sapeva bene cosa fosse la paura per averla provata tante volte in battaglia,
ma il sentirsi preda di quelle bestie immonde l'aveva tramutata in terrore.
Un'angoscia inquietante che le metteva addosso un tremore inarrestabile,
e si agitava furiosamente nell'otre cercando di scollarsi di dosso le
sanguisughe. All'improvviso sussurrò qualcosa, a labbra strette,
poi chinò il capo in avanti e restò immobile.
Fu allora
che Oman si precipitò su di lei per godere della maschera di sofferenza dipinta
sul suo volto, le afferrò il capo con entrambe le mani e l'obbligò
a rialzarlo. Brillò nei suoi occhi il riflesso della sottile foglia
di salice dorata, e per un istante restò a guardarla al fine di
comprendere quale arcana magia l'avesse posata tra le labbra della donna.
Non poteva immaginare che il prezzo della sua curiosità potesse
divenire così alto... non poteva sapere che il buio sarebbe sceso
all'improvviso, e per sempre, lasciando che quell'ultima drammatica immagine
si fissasse nella memoria. Crudelia scattò come una fionda, trafiggendo
il suo unico occhio sano con tutta la forza che aveva in corpo, e quando
l'uomo cadde all'indietro in preda ad un urlo disperato... la sua pupilla
restò conficcata nel ciondolo appuntito.
- ...ora
la mia Sovrana sarà soddisfatta, - affermò l'Amazzone -
e spero che mi perdonerà anche se non riuscirò a portarle
la prova che mi ha richiesto!
Oman si rialzò
come una furia scatenata avventandosi su di lei, ma la cecità lo
indusse a commettere il secondo errore, travolgendo nell'agitazione l'otre
in cui era imprigionata. A volte il fato decide di concedere all'improvviso
la soluzione che fino ad un istante prima sembra impossibile... o forse
la fortuna arride agli audaci, premiando chi persegue una giusta causa.
Fu così
che si ritrovarono a combattere uno contro l'altra con le stesse armi
e le stesse ferite, da una parte la forza di un toro accecato... e dall'altra
l'agilità di una pantera con le zampe legate. Acqua e fuoco, odio,
disperazione e coraggio... in un groviglio inesplicabile, in una battaglia
all'ultimo sangue che pareva non avere fine.
Olezzo di
carne bruciata dalla fiamma, odore di corda logorata dalla brace... e
profumo di libertà che riempì le narici dell'Amazzone, ridandole
la speranza perduta. Quando finalmente poté stringere in pugno
una lama, non esitò ad affondarla nel cuore del suo carnefice,
rigirandola nel sangue fino a farlo schizzare, rosso e palpitante, sul
soffitto della baracca.
- E' destino
che io non debba morire al caldo... - sussurrò Crudelia, uscendo
nella nebbia... guardò oltre il ponte, dove le sentinelle di Oman
stavano battendo con forza sulla campana dell'allarme e, dopo una rapida
occhiata nel profondo della gola, si tuffò nel torrente con un
grande salto.
Ora si, finalmente
percepiva quella sensazione di libertà durante il volo che aveva
sempre inseguito... pochi secondi, ma eterni, prima della sferzata gelida
che la risvegliò dai lontani pensieri.
Ecco... come
allora, si dibatteva nella corrente cercando di non abbandonarne il flusso
principale, doveva affidarsi alla forza impetuosa dell'acqua che ben conosceva
ogni pertugio tra le rocce... ed ogni via di fuga.
Giù,
lungo lo stretto canalone che s'infilava nei meandri della terra, trascinata
nel ribollire della schiuma, travolta dall'inseguirsi dei flutti. - ...le
rapide ...le rapide. - percepì il rombo pauroso della cascata,
sempre più vicino, pronto a trasformare il torrente in fiume.
Seguì
il silenzio, profondo, immenso... come solo la natura sa sconvolgere gli
elementi di cui è madre, figlia e padrona... ed un tonfo greve,
potente, mise fine alla sua angoscia. Viva o morta, a volte la differenza
è così sottile da confondere il piacere ed il dolore, la
quiete avvolse i pensieri di Crudelia attutendo ogni percezione.
Viva o morta,
luce o buio... acqua o fuoco, comprese di essere ancora parte di questo
mondo quando un ramo appuntito le trafisse la spalla, ricordandole il
sapore deciso dell'umano dolore. Ora poteva aggrapparsi con forza
ad un tronco e lasciarsi trasportare lentamente sino al Kruill, mentre
il cielo si affacciava di nuovo tra gli squarci delle nuvole grigie, illuminandola
con un tiepido raggio di sole.
Davanti a lei, quasi in un sogno, intravide Krymenia. Gli stendardi rossi
delle Truppe Imperiali Roka erano disposti a raggiera attorno al baratro,
l'esercito schierato dietro alle sette Kopler che avrebbero comandato
l'attacco, in silenziosa attesa degli ordini di Diamante.
La possente
Amazzone scese da cavallo e s'inginocchiò sul terreno, strappò
un ciuffo d'erba, lo spezzettò tra le dita e poi lo gettò
al vento, seguendo con attenzione l'evoluzione di ogni sua parte finché
ricadde a terra qualche passo davanti a lei.
- Siamo qui
per chiudere la partita, non solo per giocare questa mano - disse, stringendo
i lacci del corpetto di cuoio - non ci sarà un'altra possibilità
se non riusciamo adesso a stanare tutti i maledetti topi schifosi che
popolano questa fogna. Non vi sto chiedendo di combattere una battaglia...
ma di vincerla, e non ce ne andremo da qui finché ne resterà
vivo uno solo!
Un solo gesto,
un solo grido... tremendo, deciso... mille spade che all'unisono si levarono
verso l'alto e poi ruotarono insieme, disegnando nell'aria la prima lettera
di Arcano.
-Andiamo!
- sussurrò Diamante, - ...andiamo! - gridarono le Kopler, dirigendosi
a cavallo verso la testa dei propri battaglioni e gli zoccoli nervosi
picchiarono sulla roccia come la mazza sul tamburo, scuotendo Krymenia
dal suo torpore.
Era una battaglia
impossibile, lo sapevano tutti, e forse era quello il motivo per cui il
Consiglio delle Madras aveva consigliato all'Imperatrice di considerare
quell'inferno alla stregua di una terra di nessuno, luogo di piacere e
dolore dove le Truppe Imperiale non era mai riuscito ad entrare.
Non poteva
essere uno scontro sul campo né il confronto tra due eserciti schierati,
e a nulla sarebbero serviti gli armamenti e le tecniche raffinate, per
combattere dentro il buio denso delle centinaia di cunicoli che costituivano
quell'immenso labirinto verticale.
- Non è
ancora nato il Comandante che riuscirà a prendere Krymenia, - gridava
Tanar ai ribelli - e prima che il giorno sorga due volte, avremo tante
Amazzoni in catene da divertirci per tutta la vita!
Per tutta
la notte, le Truppe Imperiali lavorarono incessantemente attorno allo
squarcio che si apriva nel ventre del costone roccioso. Le arciere presero
posizione nei punti dominanti, scagliando le loro frecce su qualunque
cosa si muovesse, ma i ribelli si guardarono bene dall'uscire dai loro
ripari.
- Stiamo
sprecando tempo... - dissero le Kopler, chiamate a rapporto da Diamante
- e le Amazzoni non capiscono perché hai fatto tagliare gli alberi
per costruire un sentiero che arriva sino al bordo del burrone.
- Lo scopriranno
domani, - rispose lei, sedendosi accanto al fuoco - voi fate in modo che
tutte abbiano il tempo di riposare.
Le prime
luci dell'alba riaccesero i pensieri perduti oltre la linea scura dell'orizzonte,
mentre il sibilo inquietante di un dardo solcò l'aria umida del
mattino per colpire le ultime ombre confuse che vagavano nelle profondità
di Krymenia. - E' il momento di mostrare a questo pianeta ciò che
sanno fare le Amazzoni Roka, - asserì Diamante, incamminandosi
verso le retrovie - comunque vada... questo giorno resterà per
sempre scolpito nella memoria di Arcano.

Abel Wakaam

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