
Arcano la Seconda Era
29° capitolo
Il grande salto

Diamante era un'Amazzone inflessibile, parlava poco, ma chiunque fosse
passato sotto al suo comando, aveva imparato ad interpretarne ogni sguardo
come fosse un ordine. Nimira l'aveva voluta a capo delle Truppe Imperiali
Roka perché l'ira di Nusuth era più adatta a combattere
una guerriglia, piuttosto che una battaglia sul campo, ma entrambe costituivano
un punto di riferimento sicuro per sconfiggere il nemico.
Quando le
armate ricevettero l'ordine di prepararsi a partire, Myrt chiese udienza
all'Imperatrice e osò pronunciare una sola domanda: - Perché
non io?
- Perché
è tempo che tu divenga un punto di riferimento per gli Hammers
al pari di Klara, e non voglio che la vendetta ti conduca su una strada
che non puoi percorrere da sola!
- Mia Sovrana,
lasciate che sia io ad espugnare la Kioskas di Ylea e chiudere una volta
per tutte la partita con lei e la sua perfida strega!
- L'esercito
sta partendo per Krymenia, - le spiegò Nimira, sedendosi accanto
a lei - e questa volta non ci fermeremo sull'orlo dell'abisso.
- Non posso
restare qui ad aspettare... questa attesa mi sta uccidendo.
- Partirai
anche tu... molto presto, ma lo farai per raggiungere la Kioskas di Klivia.
- E' una
punizione per il mio fallimento?
- Si... se
ritieni che sia una punizione essere proclamata Madras di quella Terra!
Myrt alzò
lo sguardo ed i suoi occhi corsero lontani nel tempo e nello spazio, in
un attimo rivide scorrere tutta la propria esistenza fino al momento in
cui fu stroncata dal dolore. - Potrò combattere ancora? - domandò,
stringendo forte la mano della sua Sovrana.
- Dovrai
combattere, - rispose Nimira - perché da quando su questa Terra
si attenta alla vita dei nostri figli, non credo che possa esserci più
posto per il perdono!
L'Amazzone
lasciò il Palazzo silenziosa com'era arrivata, l'eco dei suoi passi
si confuse col rullo dei tamburi, ed il silenzio dei suoi pensieri divenne
così forte da sommergere ogni rumore.
La colonna
delle Truppe Imperiali Roka si mosse verso la foresta seguita da una lunga
fila di carri, destando la perplessità degli astanti: - ...ci sono
più viveri che Amazzoni, - commentò Raf, schierato sul portone
con i suoi uomini - più che una battaglia sembra che Diamante parta
per compiere un assedio!
- Non è
il tipo d'accamparsi ed aspettare che il nemico si arrenda, - gli rispose
Nusuth, spingendolo con veemenza per farsi largo - sembra tanto calma
ma l'ho vista combattere e ti assicuro che è una vera furia!
- Combatte
con la stessa foga con cui tu cercavi di liberarti tra le mia braccia?
- Guarda
che eri tu quello che si dibatteva tra le mie!
- Se dico
che è davvero così... mi concedi la rivincita?
- E perché
no... - ribadì Nusuth - te lo farò sapere attraverso Morgana
quando sarò pronta!
La chiusura
del ponte levatoio mise fine alla loro diatriba, ma non alla voglia di
confrontarsi di nuovo.
C'era una
nebbia fitta quel giorno nella profonda valle del Kruill, densa come le
nuvole basse che attanagliavano la Cordigliera, fredda come il vento del
nord che pareva imprigionato tra le cime della montagna. Al campo di Oman
gli uomini si scaldavo attorno al fuoco... e l'unica donna tremava, legata
in un angolo dell'ovile.
- ...è questo il loro modo di piegare la volontà delle
prigioniere, - pensò Crudelia - nessun essere umano può
resistere al gelo che s'insinua dentro la carne.
E la pelle divenne bluastra, il tremore si diffuse inesorabile fin dentro
le ossa, ed il battere dei denti la portò sull'orlo della disperazione.
Davanti a
sé, pochi passi oltre lo steccato, sentiva gorgogliare l'acqua
frizzante del torrente in piena che scivolava nella stretta gola, oltre
cui si ergeva imponente la parete rocciosa del monte Spetzul. Il ponte
sospeso l'attraversava con un balzo da brividi, fragile intreccio di corde
logore su cui i briganti si alternavano in un via vai senza fine.
Venivano
a prendere ordini dal loro capo ed avevano per lui una solenne ammirazione.
Oman li guardava con quell'unico occhio ceruleo ed impartiva disposizioni
con una rapidità sorprendente. Quando finalmente l'ultimo dei suoi
uomini sparì barcollando nella nebbia, si alzò dal
giaciglio e raggiunse Crudelia nell'ovile.
Lei lo guardò
solo per un attimo, poi abbassò di nuovo lo sguardo a terra e non
disse una parola.
- Perché
un'Amazzone come te si lascia morire piuttosto che implorarmi?
- Che differenza
fa... morire congelata nel tuo ovile o nel calore delle tue braccia?
Oman tagliò di netto la corda che l'imprigionava allo steccato,
ne afferrò il capo ciondolante dal suo collo e la trascinò
nella baracca. - Puzzi come una capra, - esclamò, indicandole un'enorme
otre di terracotta messo a scaldarsi accanto al fuoco - togliti il vestito
ed entra dentro... lo farei volentieri anch'io ma purtroppo la mia pancia
non ci passa più!
- Non posso
farlo con i polsi legati dietro la schiena... - balbettò Crudelia,
provocando una sua sonora risata, poi l'uomo le si avvicinò ringhiando,
le strappò di dosso il corpetto e, sollevandola di forza, la infilò
nel collo dell'otre, facendo traboccare l'acqua calda sul pavimento.
Il paradiso
dopo l'inferno o viceversa, ma ciò che contava era il calore che
ridava sollievo alla carne intirizzita, sciogliendo la morsa del ghiaccio
con lampi lancinanti di dolore.
- Te lo chiederò
una volta sola, - l'avvertì Oman - e tu puoi prendere tutto il
tempo necessario per rispondere... puoi farlo subito oppure quando l'acqua
comincerà a bollire... ma se ti azzarderai a mentirmi, getterò
nell'otre il cesto di sanguisughe che i miei uomini hanno portato
dalle sorgenti sulfuree dello Spetzul, e ti assicuro che allora mi dirai
la verità!
Lo sapeva...
ne era certa, quel maledetto bastardo sapeva benissimo perché fosse
lì, e lei non poteva far altro che prendere tempo, almeno finché
la temperatura dell'otre non fosse diventata insopportabile.
Quando la
morte sembra essere l'unica soluzione, la nostra mente si ribella al fato
e si rifiuta di seguirlo nell'ultimo viaggio oltre le tenebre. Crudelia
era pronta a morire in molti modi... ma non in quella maniera. Avrebbe
affrontato ogni tortura, ogni violenza, ogni privazione...però
non poteva accettare di finire spappolata da quella graduale cottura.
Meglio le sanguisughe, meglio i loro morsi dolorosi nella speranza che
raggiungessero al più presto gli organi vitali, piuttosto di una
lenta agonia che avrebbe prolungato all'infinito l'atroce spettacolo a
cui Oman era pronto ad assistere.
Ebbe un sussulto,
quando con evidente sadismo lui mostrò le ripugnanti bestie che
teneva nel cestino. I loro grossi corpi bavosi misuravano quasi otto palmi
ed ogni poro della pelle era cosparso da orride ventose.
Chiuse gli
occhi davanti a quella insopportabile visione e nel profondo della memoria
le apparve un sogno di quando era bambina. Un grande salto, lo stesso
che aveva provato mille volte dalle rocce piatte che si affacciavano sul
Kruill... ma nessuno di quei voli era riuscito a darle la sensazione di
libertà che rincorreva da sempre.
- Morirò...
ne sono certa, - sospirò - e non riuscirò nemmeno a portare
a termine la mia missione.
Ben presto
dovette saltellare sul fondo dell'otre e smuovere l'acqua per rimescolarla
con quella più fredda, sotto gli occhi compiaciuti di Oman che
si prodigava per attizzare il fuoco.
- Come hai
perso l'altro occhio? - chiese l'Amazzone, per distoglierlo dal suo incessante
lavoro.
- Un regalo
di una Hibryan, - grugnì - nell'unica volta in cui ho sciolto i
polsi ad una donna!
- Siamo una
razza pericolosa, ma anche abbastanza intelligente da capire quando ci
conviene arrenderci o passare al nemico.
- Non c'è
posto su questo mondo per i deboli e per i traditori, - affermò
Oman, avvicinandosi con aria minacciosa - e quello che voglio da te lo
posso avere nel momento stesso in sarò io a deciderlo!

Abel Wakaam

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