
Arcano la Seconda Era
27° capitolo
Il Custode

L'Imperatrice Nimira venne da me al tramonto.
Vidi dall'alto
della torre la sua veste chiara accendersi del rosso vermiglio, e confondersi
con le nuvole insanguinate dal dolore.
- Sta arrivando
la nostra amata Sovrana... - gridò Ginevra, salendo di corsa le
ripide scale millenarie - dove la faccio accomodare?
- Fa' che
sia la rosa più bella del mio giardino, - sussurrai - prepara due
poltrone al centro del quadrilatero e metti a bollire l'acqua per un infuso
di mirtilli.
Quando mi
affacciai tra il colonnato, Nimira si alzò per venirmi incontro,
e così facendo, il suo abito leggero si impigliò tra le
lunghe spine del cespuglio di Pyracanta. Prima che potessi avvertirla,
provò a liberarsi dai rovi, ma uno degli aculei la punse nel dorso
della mano.
- Perché
mai tenete queste piante così pericolose nel vostro giardino, -
sussurrò - sono così in contrasto con la bellezza degli
altri fiori!
- Cosa sarebbe
la gioia senza il dolore... il giorno senza la notte, il tramonto senza
l'aurora? Siamo barattoli posti uno sull'altro in una fila infinita, dondolanti
in una giornata di vento che può mettere fine alla nostra vita...
siamo due gocce d'acqua che scivolano sopra un vetro e sappiamo che oltre
il bordo non potremo tornare indietro...
- Vorrei proprio essere come voi, mio vecchio e caro Custode, - esclamò
Nimira, mostrandomi la mano ferita - ma questa guerra è una spina
acuminata che trafigge sempre di più il mio povero cuore... e vorrei
davvero sapere cosa c'è oltre quel maledetto bordo che mi nasconde
il volere del destino.
- Il destino
siamo noi, mia sovrana... e questa guerra la stiamo combattendo perché
i figli dei nostri figli possano giocare insieme a quelli del nemico.
- Vorreste
dirmi che è una guerra giusta, che non sto sbagliando?
- Nessuna
guerra è giusta... ma questa è necessaria, come lo sono
tutte le battaglie in cui si affrontano il bene ed il male. Caso mai dobbiamo
chiederci se siamo dalla parte giusta.
- Stiamo
combattendo contro i nostri fratelli, il sangue che sgorga dalle ferite
è così simile da confondersi nello stesso dolore, e nemmeno
gli dei sanno con chi schierarsi.
- Quando
gli uomini non hanno più la certezza di essere nel giusto, - risposi,
baciando la goccia di sangue che brillava sulla sua ferita - allora chiedono
conforto negli dei e nella saggezza dei vecchi Custodi di Arcano.
- E voi siete
l'unico di loro rimasto su questa sacra Terra, l'unico che può
spiegarmi perché siamo arrivati sino a questo punto.
- La malvagità
e la sete di potere offuscano la mente di chi combatte contro gli stessi
privilegi che invece vorrebbe per sé, non sono gli stranieri a
condizionare la nostra esistenza, quel Norman Atek è solo un mezzo
per sovvertire le regole di questo mondo.
- Devo dunque
credere che sia Madras Ylea la mente perversa, colpevole di questo tradimento?
- Non è
forse la strega Niage la sua più fervida alleata?
Ginevra arrivò
ad interrompere i nostri discorsi reggendo con entrambe le mani la brocca
dell'infuso. La poggiò al centro del tavolo e s'inchinò
due volte prima di lasciarci di nuovo soli. Nimira mi guardò dritta
negli occhi, attese in silenzio che io versassi la bevanda ancora calda
nel suo bicchiere e poi lo sollevò nel cielo afflitto di nuvole
scure.
- Possano
gli dei preservare la libertà nella Terra dell'Arcano!- esclamò,
prima di accostarlo alle labbra.
- Possano
gli uomini e le donne di questo mondo preservare gli dei dalla tragica
visione di due fratelli che si combattano sino alla morte!
Bevve senza
lasciarsi sfuggire una sola smorfia... ed io con lei trangugiai quel succo
amaro come il fiele, poi alzai lo sguardo oltre la linea nera dell'orizzonte
e invitai l'Imperatrice a fermarsi per la notte.
- Cosa ci
riserva il domani? - chiese, camminando al mio fianco con il capo ricurvo
in avanti.
- Chi può
dirlo mia Sovrana? - sospirai, affidandola a Ginevra perché l'accompagnasse
nella stanza degli ospiti - il futuro è come una nuvola impalpabile
che si lascia trascinare dal vento... ed assume forme e significati diversi
ogni volta che la si guarda.
- Quand'ero piccola, immaginavo che il cielo in tempesta fosse un grande
mare pronto ad inghiottire ogni cosa... ed io mi trovavo là
in mezzo, seduta su un guscio di noce, ora ho la stessa sensazione d'angoscia
che opprime ogni mio pensiero.
- Eppure
siete sopravvissuta... e ce la farete anche questa volta.
- Ma allora
erano solo gli incubi di una ragazzina...
- Ogni età
ha le sue paura, - la rincuorai - ed è meglio conoscere il vero
volto del nemico piuttosto che confonderlo con chi ci siede accanto!
Non era venuta
da me soltanto per cercare conforto, aveva bisogno di sentirsi dire che
la sua battaglia fosse quella giusta, e se da un lato la sua richiesta
d'aiuto inorgogliva il mio vecchio cuore, dall'altro non potevo confidarle
gli oscuri presagi che avevano turbato il mio sonno.
Ylea e Niage
erano il fuoco e l'inferno, messe insieme costituivano un pericolo ineguagliabile
per la Terra dell'Arcano, e la presenza di stranieri sul pianeta portava
un'ulteriore incognita in grado di far precipitare la bilancia verso la
loro parte.
La perfida
Madras aveva saputo sfruttare l'occasione della rivolta per spingere il
Consiglio Supremo alla scissione, ora era lei la figura emergente in grado
di oscurare l'Imperatrice, e la strega avrebbe accresciuto il suo potere,
spingendo le sue seguaci nell'abisso delle ombre.
Oscure magie occulte, sacrifici umani nei meandri della terra, riti propiziatori
in grado di esaltare il fanatismo delle sue truppe, ed appagare la fame
di violenza dei ribelli. Era questo l'incubo delle mie notti, un esercito
di mostri assetati di sangue, pronti a mettere a ferro e fuoco tutto ciò
che non fosse allineato al loro pensiero.
Le Truppe
Imperiali parevano un baluardo insormontabile, la loro forza era superiore
dieci volte a quella del nemico, ma non sarebbero bastate e presidiare
un territorio così vasto come quello in cui si trovavano le Kioskas
amiche, Nimira lo sapeva bene... ed era questa la sua preoccupazione maggiore.
Cosa sarebbe
accaduto se bande d'infiltrati avessero colpito con azioni rapide di guerriglia
per poi darsi alla fuga, quanta gente avrebbe dovuto subire l'umiliazione
ed il dolore di essere strappati alla quiete del proprio vivere, e quale
rimedio avrebbe preservato l'Impero dalla ferocia di quel branco di animali
affamati?
Della stessa
stirpe erano i briganti di Oman, arroccati sui due lati del ponte con
le armi spianate, mentre Dardel e Crudelia li spiavano da lontano. Dovevano
passare per forza da lì, non c'era altra via, e conoscevano bene
le regole d'ingresso nel territorio controllato da Oman: per ogni uomo
che passa, dev'essere consegnata una donna in pegno.
- Dovevamo
portarci qualcun'altra da barattare come pedaggio, - spiegò Dardel
- se ti consegno ai briganti, come potrai compiere la tua missione?
- Tu non
verrai con me, - rispose seccamente Crudelia - questo è un problema
mio e lo risolverò da sola.
Non fece
nemmeno in tempo a discutere che l'Amazzone scese di corsa sul pendio
scosceso e si arrestò soltanto quando fu di fronte alle sentinelle.
- Devo vedere Oman, - esclamò, aprendosi il corpetto di cuoio -
...anzi, è lui che deve vedere me!
- Ti vedrà
dopo che noi ti avremo provato, - urlò un guerriero dall'aspetto
feroce, battendosi i pugni sul petto - forse non te l'ha detto nessuno,
ma noi siamo i suoi assaggiatori di fiducia!
- Non credo
che il vostro capo voglia accontentarsi delle briciole, - continuò
l'Amazzone - io ho un gruppo di cinquanta guerriere che vogliono unirsi
a Oman, ma prima devo avere delle garanzie da lui!
- Mi chiamo
Tuk, - si presentò l'uomo, afferrandola per un braccio - e sono
io che decido cosa fare di te e delle tue fantomatiche amiche!

Abel Wakaam

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